I 10 ATTORI PIU' CLICCATI DEL MOMENTO
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Jack Nicholson
Classe 1937, John Joseph “Jack” Nicholson può essere considerato “la maschera di Hollywood”. Il suo volto è infatti adattabile ad ogni mimica, come fosse di plastilina. A lanciare la sua carriera il film cult di Dennis Hopper, «Easy Rider», per il suo seppur breve ruolo dell’avvocato ubriacone George Hanson, che gli valse anche una nomination all’Oscar. Ma è passato alla storia soprattutto per alcuni ruoli caratteristici interpretati tra gli anni ’70 e ’80: Randle Patrick McMurphy in "Qualcuno volò sul nido del cuculo", Jack Torrance in "Shining" e Joker nel "Batman" di Tim Burton. Prima, dopo e durante tante altre pellicole, tra ruoli drammatici e brillanti. Si pensi a "Chinatown", "Qualcosa è cambiato", "Wolf". Ha compiuto da poco 80 anni. Attore da record per i premi vinti, vanta dodici candidature e tre Oscar vinti.
Johnny Depp
Classe 1963, all’anagrafe John Christopher, “Johnny” Depp II, è un grande caratterista e trasformista. Non ha mai vinto il Premio Oscar, malgrado tre candidature. Esordisce ventunenne in "Nightmare – Dal profondo della notte" (1984), mentre il primo ruolo da protagonista arriverà l’anno successivo con "Posizioni promettenti", da lui stesso definito scadente. Ma è solo negli anni ’90 che la sua carriera decolla, grazie a una proficua collaborazione col regista Tim Burton, il quale ne esalta le capacità trasformiste. Il primo successo è "Edward Mani di Forbice" (1990), poi, dopo altri film, si esalta ancora nello psichedelico "Paura e delirio a Las Vegas" (1998). Ma l’anno prima si fa apprezzare nei panni di Donnie Brasco al fianco di Al Pacino. La sua carriera è in totale ascesa, principalmente in ruoli di fantasia. Il più continuo è quello di Jack Sparrow nella saga "Pirati dei Caraibi", della quale, l'ultimo film,"La vendetta di Salazar", è uscito lo scorso anno.
Leonardio DiCaprio
Il suo mancato Oscar, dopo sei nomination, era diventato un tormentone irriso sul web. Poi finalmente è arrivato con "Revenant – Redivivo" di Alejandro González Iñárritu (2015), nel ruolo di Hugh Glass. Classe 1974, rischiava di passare alla storia solo per il ruolo dell’angelico Jack in "Titanic"(1997). E invece, negli anni, ha dimostrato di avere bravura da vendere e grande versatilità, oltre che un bel visino. Dopo alcune serie Tv, il suo debutto nel mondo del cinema avviene con "Critters 3" (1991). Nel 1993 ottiene il suo primo ruolo importante in "Voglia di ricominciare", al fianco di Robert De Niro. Nello stesso anno, viene elogiato dalla critica per la sua interpretazione in "Buon compleanno Mr. Grape", il quale gli valse una candidatura ai Premi Oscar 1994, a soli 19 anni. Consacrato con il succitato "Titanic", negli anni 2000 inanella un successo dietro l’altro, diventando mentore di Martin Scorsese. Si ricordano, tra gli altri, "The Departed"(2006), "Shutter Island" (2010), "Inception" (2010), "J. Edgar" (2011), "Django Unchained" (2012), "Il grande Gatsby" (2013) e "The Wolf of Wall Street" (2013).
Charlie Chaplin
“Una lacrima e un sorriso”: questa è la giusta sintesi del cinema di Chaplin, al secolo Sir Charles Spencer “Charlie” Chaplin, sia come regista che come interprete. Classe 1889, seppe raccontare le difficoltà degli ultimi della società con ironia sferzante col suo “Vagabondo”, con tanto di bombetta, bastone e baffetti. Esordì con corti nel 1914, mentre i primi successi arrivano a partire dal 1916. Ma dove questa caratteristica raggiunge il suo apice è sicuramente ne "Il monello" (1921). Fu anche impegnato politicamente, ma sempre tramite le sue pellicole, tanto da essere avversato sia negli Stati Uniti che nella sua Inghilterra e bollato come un comunista e un anti-capitalista negli anni bui del maccartismo americano. Non a caso gli fu assegnato un solo Oscar, ma alla carriera, ad inizio anni ‘70. Memorabile la parodia di Adolf Hitler ne "Il grande dittatore" (1940). Ci ha lasciati nel 1977.
Marlon Brando
Classe 1924, raggiunse la popolarità interpretando Stanley Kowalski nel film "Un tram che si chiama Desiderio" (1951), per poi essere consacrato in pellicole quali "Il selvaggio" (1953), "Fronte del porto" (1954) e "Bulli e pupe" (1955). Avversato da Hollywood per le sue idee politiche, ritrova lo slancio professionale grazie al ruolo di Don Vito Corleone ne "Il padrino" (1972). Poi lo scandaloso "Ultimo tango a Parigi" (1972) di Bernardo Bertolucci e "Apocalypse Now" (1979) sul dramma della guerra in Vietnam. Vinse due premi Oscar negli anni ’50, di cui il secondo ritirato da una nativa indiana al suo posto. Gli ultimi anni della sua vita sono stati contrassegnati da drammi familiari e scandali, dovuti ai suoi vari amori finiti male e alla sua scarsa presenza come padre. Ci ha lasciati nel 2004, finendo poco prima anche in un cameo in un video di Michael Jackson per la canzone "You rock my world", dove, ormai irriconoscibile per la sua stazza lontana dal sex symbol che fu, impersonifica una sorta di Vito Corleone in penombra.
Dustin Hoffman
Di lui Luca Carboni diceva “E intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film”. Come dargli torto. Il secondo film fu già un successone: "Il laureato" (1967) di Mike Nichols. Attore dotato di grande versalità, passa con disinvoltura dal thriller ("Il maratoneta" 1976, "Cane di paglia" 1971) alla commedia ("Tootsie", 1982), dal genere realistico di denuncia ("Un uomo da marciapiede", 1969), al film politico ("Tutti gli uomini del presidente", 1975) a quello favolistico e fantastico ("Dick Tracy" del 1990 o "Hook – Capitan Uncino", 1991, "Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie" del 2007). Tanti poi i ruoli drammatici e struggenti: "Il piccolo grande uomo" (1970) di Arthur Penn, "Cane di paglia" (1971, di Sam Peckinpah), "Kramer contro Kramer" (1979), "Rain Man – L’uomo della pioggia" (1988). Per questi ultimi due film ottiene l’Oscar al miglior attore, mentre nel 1996 riceve a Venezia il Leone d’oro alla carriera.
Stanlio e Ollio
Chiudiamo questa carrellata con una coppia di attori che ha fatto la storia della comicità. Al secolo Arthur Stanley Jefferson e Oliver Norvell Hardy, uno magro e tonto, l’altro grasso e buffo leader del duo, hanno realizzato una serie di corti e lungometraggi esilaranti e geniali. Dal 1921 al 1951 hanno realizzato 107 pellicole totali. Eccellendo sia nel cinema muto che in quello sonoro. Inseparabili nella vita e nel lavoro, nel privato erano l’esatto opposto. Stanlio era il meticoloso che preparava la gag, mentre Ollio era meno propenso al lavoro. Riceverà solo un Oscar alla carriera il primo, nel 1961, quando il secondo era già morto. Oliver Hardy inventò la tecnica camera-look, ovvero guardare nella telecamera rivolgendosi ai telespettatori, con espressioni facciali di perplessità o gioia. Morì prima Ollio, nel 1957, colpito da due ictus e un infarto, ormai smagrito e irriconoscibile. Stanlio si spegnerà nel 1965. Ironia della sorte, negli ultimi anni della loro vita, resteranno paralizzati a due bracci opposti. Si divisero fino alla fine anche la cattiva sorte.
Kirck Douglas
Classe 1916 e all’anagrafe olandese Issur Danielovitch Demsky, esordisce nel film "Lo strano amore" di Marta Ivers (1946). Ma è con "Il grande campione" (1949) prima e "L’asso nella manica" di Billy Wilder (1951) poi, che si fa apprezzare al grande pubblico. Molto riuscita l’interpretazione del pittore Vincent van Gogh nel film "Brama di vivere" del 1956. Ma il capolavoro, tra i film in cui ha recitato, viene considerato "Orizzonti di gloria" (1957), pellicola fortemente antimilitarista diretta da un giovane Stanley Kubrick. Brilla anche nel ruolo di "Spartacus" nell’omonimo film del 1960. Si è fatto apprezzare anche in film western, come "Il grande cielo" (1952) di Howard Hawks e "Sfida all’O.K. Corral" (1957). Ha ricevuto solo tre nomination all’Oscar, vincendo però solo una statuina alla carriera. Padre di Michael, è un allegro centenario ancora in vita.
John Wayne
Al secolo Marion Mitchell Morrison, classe 1907 e spentosi nel 1979, il suo nome fa rima con Western. Sebbene si fece apprezzare anche in ruoli differenti. Il suo primo ruolo importante fu nel western "Il grande sentiero" (1930), mentre l’amicizia con John Ford lo portò ad una lunga prolifica collaborazione professionale. I film considerati di spicco sono "Il massacro di Fort Apache" (1948), "I cavalieri del Nord Ovest" (1949), "Rio Bravo" (1950), "Un uomo tranquillo"(1952), "Sentieri selvaggi" (1956), "L’uomo che uccise Liberty Valance" (1962). In particolare, l’interpretazione del personaggio di Ethan Edwards in "Sentieri selvaggi" (1956) viene considerata una delle migliori mai offerte da Wayne, al punto da dare perfino il nome di Ethan a uno dei suoi figli. Vinse il suo unico premio Oscar solo nel 1970 per Il “Grinta” (1969). Le sue idee apertamente favorevoli nei confronti della guerra in Vietnam ne rallentarono la carriera.
Al Pacino
Al secolo Alfredo James “Al” Pacino, classe 1940, ha vinto il Premio Oscar nel 1993 (su 8 nomination totali) per l’interpretazione del tenente colonnello Frank Slade in "Scent of Woman – Profumo di donna" (1974). Ma ha lasciato il segno soprattutto con personaggi quali il poliziotto integgerrimo Frank Serpico in "Serpico" (1973), il rampollo del malavitoso Don Vito Corleone con Michael Corleone nella saga de "Il Padrino" (1972), il malavitoso cubano Tony Montana in "Scarface" (1983), il portoricano che vuole “uscire dal giro” Carlito Brigante in "Carlito’s way" (1993), l’insoddisfatto Boss Lefty in "Donnie Brasco" (1997). Da incorniciare anche nei panni dello sgangherato rapinatore di banche in "Quel pomeriggio di un giorno da cani" (1975), della rincorsa con De Niro in "Heat la sfida" (1995) e il ruolo del Diavolo ne "L’avvocato del Diavolo" (1997). Negli ultimi anni si sta molto dedicando al Teatro, sua grande passione.
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